Tra foreste e coltivato, di Regine non solo la Sibilla.

L’anno nuovo è iniziato nel migliore dei modi, con la contemplazione, lo stupore e la gratitudine.
Sì, il primo dell’anno sono stata, letteralmente, buttata giù dal letto, dai colori dell’alba. La montagna, e il Vettore la faceva da padrone, cambiava di continuo colore, nelle sfumature del rosso, del rosa e del giallo, riflesso del sole che vedevo sorgere al mare. Sono rimasta col naso appiccicato alla finestra, per tutto il tempo, finché la montagna si è fatta azzurra ed il sole illuminava i boschi più in basso.
Oggi? di nuovo in natura, quella coltivata da mio padre, per raccogliere l’ultima uva rimasta, per il piacere dei sensi. Non l’ho raccolta tutta. “Ne lascio un po’ agli uccelli” pensavo.
Mi fermo, poi ad osservare la piccola vigna e i ricordi riaffiorano. “Anche chi è passato a Borgofortino, nel periodo di maturazione, ha potuto assaggiarla”, continuavo. La nostra uva, che cresce qui tra i nostri Monti Sibillini, è un’uva senza pretese di apparire bella e invitante. E’ solo da assaggiare.
Mentre ero immersa nei pensieri, chi arriva? Un merlo.
Noncurante di me, saltella, guarda a destra e a sinistra, volge lo sguardo verso i grappoli appesi, si avvicina al mio cestino, ma becca i chicchi caduti a terra. Becca e lascia a ripetizione. Finita la polpa, riacciuffa quel che resta del chicco e ingoia la buccia. Vola via. Me ne vado anch’io, soddisfatta.

Moscato da tavola, raccolto stamattina

Non ho mai sentito definire la vite, un albero. La vite è vite.

Qui, tuttavia, siamo immersi nella foresta, per cui l’osservazione di un albero non è difficile. Esso, anche quando sembra più fortunato, in compagnia degli altri alberi, vive in assoluta autonomia. Per trovare acqua, in caso di siccità, le radici si allungano in profondità. L’albero non può muoversi per bere, non si può spostare, si deve accontentare di ciò che gli viene dato.

Le foreste sono i santuari più arcaici e potenti. In particolare, la quercia era considerata Regina della foresta e pianta sacra, in tutta l’Europa precristiana. Resistenza e protezione le sue qualità. Nelle precedenti culture matriarcali, la Quercia era considerata l’albero della Dea Madre e le sue caratteristiche si manifestavano nelle donne in modo femminile. La maestosità, la solidità, la forza stavano nell’essere ospitale e nel nutrire, nella morbidezza. L’ospitalità è data dal fatto che essa nutre, ancora oggi, insetti ed animali.

La quercia, ma l’albero in generale, è un luogo d’incontro in cui ritrovarsi e parlare. Da sicurezza e speranza. Con questo l’augurio è di ritrovarsi, presto, sotto una delle querce che costellano Borgofortino.

Di Regine, quindi, non solo la Sibilla.

Quercia nei Sibillini

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